giovedì 4 dicembre 2014

ERE DA CARBON

Tradotto in italiano diventano: aie carbonili. Spazi dove un tempo si tagliavano in loco le piante che venivano trasformate in carbone.
 Si faceva ciò per poter trasportare un maggior quantitativo di merce in minor tempo.
 Tale attività ebbe un intenso sviluppo dell'ottocento fin agli anni del primo dopoguerra. Quindi andò scemando fino, saltuariamente, agli anni quaranta del novecento.
La valle di Canzoi, data l'abbondanza di bosco ceduo ebbe da sempre una vocazione di valle carbonile.
 In appositi, idonei spazi veniva spianato un tratto di pendio e riportandone a valle il materiale di risulta.
Se era troppo pendente veniva eseguito un ponte sospeso con tronchi e rami.
 Al suo centro veniva costruita una sovrapposizione di pezzi di legno a quadrato che serviva per accendere e mantenere alla base il fuoco, detto castelet.
 Attorno ad esso venivano accatastati legni lunghi circa un metro, i cavez che risalendo formavano una catasta di tipo conico alta circa due, tre metri.
Sopra si ricopriva con ramaglie di faggio o di abete e quindi con della terra, compattandola.
 Dopo di che si accendeva il fuoco e con un bastone che si introduceva da un foro dall'alto, detto furigon, si muoveva la massa di legno che carbonizzava per ricompattarlo in modo che non ardesse. Si aprivano anche fori laterali per controllare il processo di carbonizzazione.
 Il procedimento durava circa una quindicina di giorni.
 Perciò era facile che nelle immediate vicinanze venisse eretta una piccola casupola parte in pietra e parte in asse di legno con tetto a ramaglia di faggio od abete.
 Il carbone di solito veniva trasportato a valle con le slitte in legno dette musse. 
Se ne incontrano ancora le tracce lungo le vicinanze del torrente.