giovedì 7 novembre 2013

GOLA

Al termine della forra, il torrente si disegna un ennesimo meandro tra le rocce calcaree per poi inabissarsi nuovamente.
 Il lavorio delle acque forma , come visto in altra occasione più in alto, un tortuoso canyon in cui si formano scivoli e catini dai colori intensi.
Non si riesce a vedere il salto, ma risalendo il sentiero che guada il corso alla forra, si può notare in un vorticoso intaglio, il fondo.
 Qui si scontra con con una bancata di roccia e devia la corsa per poi proseguire entrando ancora fra strette pareti e precipitare nuovamente verso il basso. Questo scorcio si nota bene nel tratto di radura vicino al Cogol entro le egue.
 Attualmente si può notare molto bene in quanto i cespugli che attecchivano nel pendio sono stati spazzati completamente da una slavina di un paio d'anni fa. In questo luogo, tra l'altro si formano sempre accumuli di neve dovute a slavinamenti, fino talvolta ad inizio estate.
L'ambiente ormai si apre, liberandosi dagli stretti ambienti di forra. Il bosco ormai comincia a diventare onnipresente.
 Scendendo il torrente passa su pendio molto ripido. Qui il letto è costituito da accumuli di sassi di varie dimensioni.
 L'acqua tende a scomparire pressocchè in gran parte dell'anno, andando a scorrere sotto la superficie per poi riemergere più a valle, tipico delle zone carsiche. Questo tratto descritto termina dove il sentiero va a passare quasi a fianco.
 Da qui il Caorame scenderà su ambiente roccioso, andando a scolpirle nuovamente con lo scorrere delle acque.





martedì 29 ottobre 2013

FORRA DE L' OSPEDAL

E' uno dei punti più caratteristici del corso del torrente.
 Inoltre si trova sul sentiero che sale in Cimonega. Infatti qui vi è l'attraversamento.
 Si proviene dal vicino riparo roccioso "Cogol antre le egue", un tempo utilizzato dai pastori.
 La quota è intorno ai 1300 msl.
 Da qui si risale entrando nel bosco dove prevale il faggio.
 In una conca vi sono i pochi resti di un'antica casera.
 Il toponimo Ospedal (Ospedale) deriva dal fatto che un tempo era l'azienda ospedaliera feltrina proprietaria di questi luoghi.
 Le pareti rocciose sono qui molto vicine tipiche di una forra.
Il fondo è un insieme di apporto di massi e sabbia.
 La parte terminale immette in un ennesimo meandro scavato nella roccia.


sabato 26 ottobre 2013

FORRA

Dopo la cascata al bivio, decisamente il torrente si getta in gole profonde.
 Un' altro salto tra pareti vicinissime, distanziate appunto dal solco apertosi dalle acque.
 E' questo il luogo dove i versanti dei monti della valle sono più vicini.
 Dalle angolazioni visive sul sentiero questo posto si riesce a vederlo a malapena; soltanto scendendo di poco lungo l'erto pendio (pericoloso) si riesce a visionare alcuni tratti.
 La bancata di dolomia che scende dal Comedon è pressocchè verticale, quella dello Sviert è accidentata e quasi completamente coperta da vegetazione.
 Il fondo dell'alveo compie un arco per poi proseguire, sempre in forra, lievemente più aperta, fra rocce frammiste a tratti in declivio.
 Si forma un meandro ad esse.
 Ambiente rupestre e severo.

venerdì 25 ottobre 2013

LINEA DI TAGLIO

Immagini della linea d'incisione lungo il Caorame. Forse anche linea di faglia.

CLAUDIA AUGUSTA ALTINATE

Secondo lo studioso bellunese Alpago Novello un tratto della via Claudia si addentrava dentro la Valle di Canzoi per superare il torrente Caorame. Questa via che serviva alle legioni romane per le veloci puntate verso il nord, partiva da Altino ed arrivava in territorio tedesco ad Ausburg. Altri storici sono perplessi su questa ipotesi il De Bon ad esempio ritiene che passasse lungo l'asta del Piave verso il Cadore, il Bosio opta per una via più rapida che passasse per Valdobbiadene e Feltre. Probabile che il percorso in valle fosse già attivo prima dell'avvento del popolo di roma e che sia reso più agevole con loro. Rimane come testimonianza un pezzo di strada su roccia dove oggi sorge la chiesetta di Sant'Eurosia. Qui si possono scorgere dei segni di passaggio di carri sulla roccia. IL percorso passando per Cullogne entrava in valle e scendeva su sx orografica fino alla chiesetta. Proseguiva poi fino all'odierno Ponte Umin. Qui oltrepassava il torrente e risaliva la sponda opposta a mezzacosta del Monte Grave puntando verso l' odierno abitato di Montagne passando per la località detta delle Scalette, dove sono stati fatti dei lavori di sbancamento sulle bancate rocciose per passare.

giovedì 24 ottobre 2013

CASCATA AL BIVIO

Si ripete la stessa situazione rilevata più in alto, vale a dire tratto in piano, svolta decisa su meandro e balzo verso valle.
 Le bastionate incombenti pressoché diritte sbarrano la via al tratto pianeggiante del corso e lo obbligano a svoltare.
 Nelle rocce calcaree le acque erodono disegnando uno stretto meandro breve.
Poi il torrente s'invola in un salto di circa 15 metri, atterrando su uno slargo completamente inghiaiato. Nella odierna visita (fine settembre 2013) non v'è presenza d'acqua dato il periodo siccitoso e quindi lascia spazio ad una situazione abbastanza insolita. Di solito dal sentiero è normale vedere una cascata di notevoli dimensioni con alla base una marmitta dai colori che spaziano tra i toni del verde e del blu.
 Anche qui le rocce sono ben levigate.
 Intorno pareti precipiti determinano la gola.
 D'ora in poi fino alla base della valle sarà un susseguirsi di salti, cascate , forre meandri marmitte, senza più tratti pianeggianti. Segue l'andamento del pendio, sempre esposto.

lunedì 21 ottobre 2013

LINEA D'INCISIONE

Uscito dalla forra un salto fra strette pareti con un caratteristico sasso incastrato.
 Sotto un catino completamente inghiaiato con la poca acqua che va a scomparire in esso, (la poca quantità è dovuta al periodo siccitoso). Ma è tipico in ambienti carsici che i liquidi, se sono scarsi finiscano per scomparire e finire nel substrato.
 Da qui il corso svolta fra la presenza di massi  e prosegue per un bel tratto in piano.
A differenza del pianoro superiore (sotto Casera Cimonega), assai ghiaioso, qui è tutto su roccia, ed il lavorio di scorrimento delle acque la  incide da svilupparne un piccolo canyon. Lungo l'asse è visiva una linea d'incisione. Probabile linea di faglia
 Sono visibili anche piccoli catini d'evorsione.
 L'acqua ferma in esse si tinge di colori rossastri.
Di qui passa il tratto iniziale del sentiero del Troi de le Vache che passa in esso per poi salire lungo i declivi erbosi soprastanti. La vegetazione è ancora rada e qui vi è una cospicua presenza di maggiociondoli che in tarda primavera colorano il luogo di giallo.
Il sito si trova profondamente incanalato tra i pendii strapiombanti del Monte Sviert e del Comedon, qui notevolmente precipiti.
Qualche colatoio scende dai declivi, ma con scarso apporto d'acqua

GRUPPO DEL CIMONEGA

Panoramica sul gruppo del Cimonega.
Col dei Bechi (Monte Sviert), Spallone orientale del Sass de Mura, Parete Piatta, Sass de Mura (versante E), Forcella Cimonega con Pian del Re, Col del Mus, Piz de Mez, Piz di Sagron, Bancata del Pian della Regina, Sasso Largo.

sabato 19 ottobre 2013

REGOLA DI SORANZEN

Il Caorame e la Valle di Canzoi appartenevano alla Regola di Soranzen, il cui paese si trova all'imbocco della valle.
 I confini seguivano le creste dei monti, anche se alcuni possedimenti entravano nel territorio del Tirolo, dove vi erano pascoli ricchi, generando dispute che si protrassero a lungo nel tempo.
 Le dilatazioni territoriali erano in Neva e fino all'alta valle del Mis.
I ceti dominanti di Feltre si spartivano fra famiglie nobili ed istituti ecclesiastici i territori più produttivi. Rimanevano a disposizione della comunità , sulle rive e coste dei monti, dove era più disagevole il territorio da lavorare.
 Ma lo sfruttamento di queste aree con il disboscamento ed il dissodamento del terreno hanno favorito il graduale popolamento della valle.
Sorsero così piccoli nuclei insediativi o isolati, permanenti o temporanei.

VALLE DI SCARPATA

Come detto, quella del Caorame è una valle di scarpata, dove le acque drenano e so
lcano col loro passaggio i pendii. Sono generalmente incisioni a testata ripida con breve sviluppo, i cui tratti morfologici sono rupestri, con spiccata forma torrentizia.
 Sono geologicamente "giovani".
 Nella foto che va a rappresentare il tratto di forra ne da un esempio.
Il continuo passaggio d'acqua fa perdere la stabilità agli strati di roccia che finiscono per collassare lasciando, col passare del tempo una profonda incisione, che diventa solco per il corso del torrente.
Il deflusso delle acque poi, porta con se i massi staccatisi.

giovedì 17 ottobre 2013

MEANDRO

D'ora in poi il Caorame diventa artista. Si esibisce nel comporre sculture al pari di un Michelangelo.
 Lavora incessantemente nel tempo per formarsi tutta una serie di canyon, marmitte, scivoli, trovando colori per l'acqua che sa di sublime.
Dopo il piano devia deciso e va a scolpire la roccia in un stretto e intorcigliato meandro.
Le pareti calcaree subiscono un continuo sciacquio, tale da levigare e pulire la roccia da renderla liscia. Piccoli salti si susseguono a marmitte d'evorsione, piccoli catini emisferici formatisi da moti vorticosi dell'acque dai detriti trasportati che incidono la pietra e naturalmente dalla conseguente corrosione carsica soprattutto sui piani suborizzontali.
A seconda della profondità il colore diventa più intenso nelle tonalità del verde.
Si possono osservare soltanto i primi tratti di questo sito, poi la profondità e la ripidità delle bancate non consentono di avvicinarsi.
 Soltanto facendo attività di canyoning si potrebbe osservare la sottostante forra.
Non avendo un'osservazione diretta si presuppone che il torrente si incanali in una stretta forra e perda di quota di parecchi metri
 Corre stretto tra le pareti precipiti del monte Sviert ed i pendii ripidissimi in successione di rocce e declivi erbosi del Comedon.
 Inizia da qui anche la valle di "scarpata", tipica del versante meridionale dei monti del bacino bellunese.
 La vegetazione è ancora prevalente a prateria

mercoledì 16 ottobre 2013

SOLCHI CARSICI

Alla fine del tratto in piano il torrente gira di nuovo verso SE scavandosi un meandro tra le rocce.
Proseguendo diritto c'è un altro terrazzamento leggermente inclinato sotto le precipiti pareti del Monte Sviert (dx orografica). E' una zona ora fittamente vegetativa e che si sporge su dirupati strapiombi incisi dal sottostante corso. Probabilmente di qua passava il Caorame in tempi antichi, ritenendo che fosse più naturale scorrere in linea diritta. Poi col tempo scavando, si è aperto una nuova via. Il piano del torrente attivo è poco più in basso di quello che stiamo descrivendo. In questo luogo, dove tra l'altro passa il vecchio sentiero, ora dismesso in quanto pericoloso e sostituito dal vecchio Troi de le Vache, c'è una caratteristica formazione a solchi carsici dovuta alla lenta e paziente azione solvente dell'acqua. Un processo di dissoluzione chimica delle rocce carbonatiche, che si rivelano in varie forme. Nella fattispecie assume sembianze di lamiera ondulata. Data ormai l'inattività lavorativa delle acque le rocce vengono lentamente aggredite dalla vegetazione.

martedì 15 ottobre 2013

RAMI DEL COMEDON

Pressochè tutti i ruscelli che scendono dall'anfiteatro di Cimonega vanno a confluire nella piana prima della Casera e della confluenza tra il ramo di Pian del Re e quello principale che scende dall'opposto Pian della Regina.
 Quelli che provengono dall'ultima elevazione orientale, del Comedon, invece vanno ad immettersi oltre essa, nel tratto in piano descritto nel post precedente.
 I rami sono tre. Il primo scende dal Cadin del Comedon, gli altri due invece hanno inizio, almeno visibile, da sotto le pareti rocciose, dove si sostituiscono a pendii erbosi. I primi due sono tipici segni bianchi ricchi di trasporto di sassi. Il terzo invece va ad insistere su placche rocciose e ne diventa scivolo, incidendo poco.
 La presenza d'acqua non è molto attiva, salvo in periodo di favorevoli condizioni atmosferiche.
 Nella foto è descritto la parte terminale del terzo ramo.

TRATTO IN PIANO

Il corso ora svolta di colpo pressochè ad angolo retto. Cambia in concomitanza con il congiungimento di uno dei rami che scendono dai pendii del Comedon e ne trova ostacolo nelle stesse bancate rocciose.
Il letto diventa più largo ed è definito dall'incanalamento fra le scarpate laterali.
Oltre ad una forte presenza di sassi trasportati dal ruscellamento, vi è anche da una cospicua presenza di sabbie, le quali verso metà tratto, si depositano in un alto deposito. La disposizione dei sedimenti delle rocce del terrazzamento di Casera Cimonega (dx orografica) sono su piano orizzontale, mentre quelle che insistono nel versante del Comedon invece sono inclinate. Va ad insistere su una faglia.
La vegetazione maggiore presenta blande presenze di abete rosse, oltre a qualche larice e mughete.
Questa parte di corso è pianeggiante.

domenica 13 ottobre 2013

STRATIGRAFIA

L'acqua lasciato un "riposante" tratto pianeggiante s'inventa un percorso suggestivo.
 Il suo lavorio mette in risalto i vari strati dei depositi sedimentari.
 Formando una scalinata, che via via si ingrandisce. Alternando scalinature a salti e piccole pozze.
 Le particolarità cromatiche ne esaltano la composizione.
 Il tratto, come il precedente è breve.
 Il corso si fa ulteriormente definito. Il colore dell'acqua in questo punto è davvero visibilmente "emozionente".
 Evidente è la successione stratigrafica.
 La direzione va verso SE.

SOTTO CASERA CIMONEGA

Dopo la confluenza tra i due rami, il corso comincia a proporsi lentamente in una sua fisionomia ben precisa. Comincia a scavarsi una via definita a lato del terrazzamento di Casera Cimonega, dove si incanala fra il pendio del colle stesso ed i declivi che scendono dal Comedon.
 Lo scorrere dell'acqua mette qui in rilievo anche le deformazioni tettoniche della roccia, con pieghe scomposte.
 Le rocce asciutte risaltano bianchissime, la parte bagnata si colora di tinte ocra, l'acqua trasparente assume sfumature azzurre e verdi.
Il fondo, dove il corso si distende, si presenta con depositi sabbiosi, dato dalla dissoluzione delle rocce.
Le ripe sono vissute da una fitta bassa vegetazione tipica d'alta montagna.

sabato 7 settembre 2013

SANT' EUROSIA

Poco all'interno della Val di Canzoi, subito dopo il piccolo abitato di Le Ave, oltrepassato un ponte sul Caorame in un piccolo spiazzo erboso sorge la chiesetta dedicata a Santa Eurosia, o più popolarmente Santa Rosia.
Anzi il vero titolare della chiesa sarebbe San Giovanni Battista ed a questo santo era dedicata la chiesa fin dalle origini. Origini incerte.
La scelta di questo protettore, la cui ricorrenza cade il 24 giugno va a coincidere approssimativamente con il solstizio d'estate. Ricorrenza che va a richiamare i simboli dell'acqua e del fuoco, che sono purificatori. Ripresa dal mondo pagano e traslata a quello cristiano. L'accensione di fuochi e bagno nella rugiada erano consuetudini di riti secolari. Solo nel XVII secolo subentrerà Sant' Eurosia, anch'essa invocata per tenere lontana tempeste e nello stesso tempo veniva richiesto la sua intercessione per ottenere la pioggia in caso di siccità. Probabilmente introdotta dai padri somaschi quando si stabilirono nel convento di San Vittore, a Feltre. La chiesa venne ristrutturata proprio in quel periodo.
La chiesa sorge a lato di una antica via di comunicazione, sui cui resti si vedono ancora i segni del passaggio dei carriagi, che alcuni studiosi, quali l' Alpago Novello la indicano come la Via Claudia Augusta Altinate.
L'edificio è piccolo. Presenta un semplice fronte triangolare affiancata da una torre campanaria. Al centro è impreziosito da un timpano spezzato che racchiude un vaso con le immagini affrescate a lato di San Vittore e Santa Corona con stemma vescovile del Vescovo di Feltre Antonio Polcenigo.
Alle estremità della facciata due lesine doriche su cui poggiava la copertura prima dell'ampliamento.
Alcuni raffinati dettagli interni danno un tocco di nobiltà. L'altare ligneo è intagliato e dipinto, racchiude una tela del settecento che raffigura la Madonna con il bambino ed i santi.

giovedì 5 settembre 2013

CONFLUENZA

Proprio sotto Casera Cimonega, dopo aver preso vita, corso i relativi piani alti e superato con balzi, cascate, scivoli, la scarpata che li divide dal piano di Cimonega, i due rivoli provenienti dal Pian del Re ad ovest, e del Pian della Regina ad est, si incontrano e danno origine da qui in poi ad un unico corso che scenderà direttamente in Val Canzoi.
Qui la vegetazione è prospera, praterie si accompagnano ad arbusteti e rade conifere.
E in questo contesto risaltano cromaticamente i chiari dei letti dei ruscelli. Le acque sono solitamente limpide e trasparenti.

CASERA CIMONEGA

Escludendo i recenti fabbricati in lamiera adibiti a bivacchi per alpinisti ed escursionisti, a cura del CAI di Feltre, posti sul Pian della Regina, la costruzione in muratura che troviamo più in alto è la Casera Cimonega.
Essa si trova nella parte terminale della conca omonima.
La quota è di 1637 m, e si trova in comune di Cesiomaggiore, ha funzioni di uso pastorale. I muri sono a calce a pietra squadrata con copertura in lamiera. L'edificio, anche per una recente ristrutturazione, è in buono stato. L'uso fatto è saltuario, da qualche escursionista.
Anticamente veniva usata come dimora di malgari che portavano poche unità lungo il disagevole sentiero che saliva dalla Valle di Canzoi, un tratto di esso porta ancora il nome di "Troi de le vache" (sentiero delle mucche). Serviva anche da ricovero per pastori. I pascoli comunque erano e sono poco produttivi.
Storicamente la Montagna di Cimonega, pascoliva e boschiva, con casera, è stata per secoli proprietà di nobili feltrini: i Muffoni (1577), gli Zugni (1679), i Guilermi (1811).

mercoledì 4 settembre 2013

INCENDIO

Ogni tanto in montagna si sviluppano degli incendi, il più delle volte per opera dell'uomo sia volontaria che per sbadataggine. Di particolare rilievo furono quelli appiccati negli anni di costituzione del parco, periodo in cui vennero accesi numerosi fuochi, forse per ritorsione alla stessa.
Ma già l' Alpigiano nel n. 43 del 11 aprile 1894 riportava la notizia di un incendio nella valle del Caorame.
"Da due giorni l' alpestre e storica Valle di Canzoi, formata dalle vette ardite delle Cimoneghe, Errera e Pizzoc, è in preda delle fiamme. I sinistri bagliori sono visibili, di notte, anche da Feltre e si scorgono dalle profondità della valle sino ai picchi elevatissimi.
Le campane di Cesio suonano incessantemente a stormo; ma le colonne di fumo che a tutt'ora scorgo, mi dicono che l'elemento non è ancora domato. I danni devono essere enormi."
Dello stesso evento ne parlò anche " La Provincia di Belluno" a. V n. 95, 15  aprile 1894, in questi termini:
"Durante la giornata di lunedì si sviluppò un vasto incendio nei boschi cedui e resinosi della Valle di Canzoi, in territorio di Cesiomaggiore. In breve tempo il fuoco prese larghissime proporzioni, abbracciando molte maggiolere dei signori Bellati e Guarnieri, e diffondendosi per l'estrema falda sinistra di quella valle. Accorse subito molta gente per domare l'incendio, e vi lavorò le giornate di martedì e mercoledì, ma con magro profitto perchè la facile infiammabilità di quella materia di cui si nutriva il fuoco e la località in fortissima pendenza, con roccia e balzi pericolosi, rendeva l'opera inadeguata e malagevole. Sopraggiunse la pioggia di iersera, la quale si crede che abbia contribuito a vincere l'incendio, e a ridurlo nell'impotenza di più a reagire. Il danno consiste nella consunzione della legna di cespuglio, scottature ed abbruciamento di una immensa quantità di piante d'abete. Pare che esso importi la cifra di lire 40 mila. Causa dell'incendio si crede un bambino di % anni, certo Scudellin di Arson, il quale si trastullava con zolfanelli a far ardere l'erba secca d'attorno ai cespugli".

venerdì 23 agosto 2013

CONCA DI CIMONEGA

E' il circo glaciale più a bassa quota del gruppo del Cimonega, poi è un intaglio precipite dove scorre il torrente fra versanti ripidissimi che scendono alla sottostante Valle di Canzoi, circa mille metri giù.
Tutto l'anfiteatro del gruppo sembra convergere in questo erboso pianoro.
Netto soprattutto è il bianco ruscellamento di rami attivi e non del luogo che vanno tutti nella direzione di questa conca di origine glaciocarsica.
Spettacolare soprattutto sono i due corsi principali che provenendo da due diversi circhi superiori vanno ad incontrarsi sotto la casera Cimonega . Di fatto unendosi danno vita ad un' unico corso che si proietterà verso valle.
I declivi pian piano si addolciscono e terminano nella conca, trasportando con se materiale che sedimentando forma delle collinette moreniche e nivali, che vengono continuamente modellate dall'azione delle acque.
Il paesaggio ha un che di bucolico, era in passato alpeggio per armenti, ed il sentiero finale che porta al piano è detto appunto Troi de le vache.
La casera, riparo dei malgari si trova verso l'estremità meridionale della conca e di fatto è il manufatto, se si escludono i bivacchi superiori, che l'uomo abbia edificato in alto (m. 1627) della zona.
Per i botanici c'è una nutrita varietà di fiori.

giovedì 22 agosto 2013

RAMI ORIENTALI

Oltre la risorgiva del ramo del Pian della Regina, proseguendo verso oriente, circa a metà delle elevazioni del Sasso delle Undici e del Comedon, c'è una sequenza continua di rami fossili di corsi che fuoriescono da una medesima faglia.
Anche questi sono sempre privi d'acqua tranne che in situazioni eccezionali.
Però nel corso del tempo hanno impresso molto il terreno su cui gravitano.
Risalta nettamente il loro letto bianco tra il verde scuro delle mughete e degli zerbi.
Convogliano tutti sulla sottostante piana di Casera Cimonega.

DA "ALTITUDINI:IT"

Da un articolo di Teddy Soppelsa tratto dal blog Altitudini.it

Ripensiamoci, prima che tutto scompaia



Guardiamo bene il torrente Caorame finché siamo in tempo. Prima che le sue acque, nell’unico tratto ancora libero da ogni sfruttamento, vengano incanalate per produrre energia elettrica, modificando irreparabilmente l’ecosistema del torrente.

Avviciniamoci alle sue rive, godiamoci lo spettacolo che solo un torrente di montagna libero di scorrere può offrire. L’acqua è limpida e ben ossigenata per il suo moto turbolento tra grossi massi, salti, piccole cascatelle e rapide.
Dove non è stato imprigionato si vede un torrente vivace che risente delle variazioni di portata degli eventi meteorici (lo sciogliersi delle nevi, gli improvvisi temporali estivi, le intense precipitazioni tardo primaverili e autunnali, i brevi periodi di siccità).
Seguiamo i sentieri che si aprono a pochi passi dalla riva fra la vegetazione riparia, scopriremo un luogo molto speciale di transizione fra due sistemi ecologici adiacenti. Alziamo lo sguardo verso la sommità dei versanti entro i quali nei millenni il torrente ha scavato il suo letto, prima ripido e diritto, poi pianeggiante e curvo. Investighiamo sulla natura delle formazioni rocciose che emergono come recenti ferite o antiche cicatrici. Interroghiamoci sul nome di alberiarbustierbe e fiori che amano l’acqua e popolano sponde e rive.
Chiediamoci quale animale ha lasciato le impronte nel fango, rimaniamo discosti dalla riva quel tanto per osservare il guizzare delle trote, entriamo nell’alveo e solleviamo un masso per vedere le comunità di macroinvertebrati che vi abitano. Respiriamo a pieni polmoni gli odorie i profumi che aleggino nella forra ed evaporano ai primi raggi del sole.
Facciamo tutto questo, prima che tutto scompaia, prima che l’acqua del Caorame, nel tratto forse più spettacolare e integro del suo fluire, venga incanalata dentro delle tubazioni per produrre energia elettrica, modificando irreparabilmente l’ecosistema del torrentee privando i cittadini di un proprio bene.

Il progetto di sfruttamento
Il Caorame nasce nella conca di Cimonega (Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi), sul versante sud del Sass de Mura, nel comune di Cesiomaggiore (BL). Da lì si immette nel lago artificiale de la Stua, poi prosegue verso sud-ovest lungo tutta la val Canzoi, fino a sfociare nel fiume Piave nei pressi di Busche. Lungo il suo percorso, di circa 20 km, sono presenti due centrali idroelettriche di proprietà Enel, quella di la Guarda e quella di Arson. Lo sfruttamento ad uso idroelettrico del torrente è quindi già notevole.
Tuttavia le amministrazioni comunali di Feltre e Cesiomaggiore, hanno visto nell’acqua del Caorame un buon affare per dare ossigeno ai propri bilanci e da tempo hanno progettato di sfruttare l’unico tratto ancora disponibile, quello che va dalla centrale di Arson fino alle Busette di Pullir.
Ecco i dati, come pubblicati dal Corriere delle Alpi del 11 marzo 2011:
“Dalla centrale di Arson saranno prelevati 2,5 metri cubi al secondo, per una resa massima stimata in 1310 Kw/h. Con 4100 metri di condotte di 1,4 metri di diametro (in ben quattro punti il torrente verrà attraversato dalla tubazione), l’acqua sarà portata alle Busette di Pullir, sfruttando un salto di 70 metri per produrre energia. In ballo c’è un investimento di 9 milioni e 100 mila euro. L’introito annuo sarà di 470 mila euro, da dividere fra i due partner dell’iniziativa (il 51% al Comune di Feltre e il 49% al Comune di Cesiomaggiore). Il progetto prevede rilasci di 336 litri al secondo per sei mesi all’anno (da dicembre a febbraio e poi da giugno ad agosto) e di 477 per gli altri sei mesi. La portata media del torrente è di 2,5 metri cubi al secondo.
I tecnici del Bim che hanno realizzato il progetto affermano: «I 2,5 metri cubi d’acqua prelevati garantiscono sia l’esigenza economica (sotto non ci sarebbe grossa redditività) che ambientale. Prevediamo il deflusso minimo in 600 metri cubi».”
A che punto è il progetto?
Nel mese di ottobre 2011 il progetto è stato depositato presso il Genio civile che dovrà ora esprimersi sulla richiesta di concessione.
Se arriverà l’assenso del Genio civile la concessione sarà resa pubblica e ogni altro soggetto, pubblico o privato interessato allo sfruttamento idroelettrico del torrente, avrà trenta giorni di tempo per presentare una proposta alternativa.
Dopo di che, teoricamente, sarà possibile aprire i cantieri e quindi procedere alla distruzione di uno fra i torrenti alpini più sani di tutta la provincia di Belluno.

Ma un futuro diverso è possibile?
Sì. Proponiamo la creazione del “Parco fluviale del torrente Caorame”
I dati dicono che in questo progetto i due comuni investiranno oltre 9 milioni di euro con un ricavo presunto di circa 200.000 euro all’anno per ciascuno. La domanda che ci poniamo è la seguente:
“considerato lo stato attuale dello sfruttamento complessivo dei torrenti in provincia di Belluno (solo il 10% dell’acqua scorre ancora nel proprio alveo originale) ed in particolare quanto già grava sul torrente Caorame, non sarebbe più lungimirante dedicare ogni sforzo per progettare altre forme di uso della risorsa acqua?”.
La nostra idea è la creazione di un “Parco fluviale del torrente Caorame”. Le amministrazioni comunali di Cesiomaggiore e Feltre potrebbero unire le forze per stipulare un patto per l’uso eco-turistico del torrente come opportunità di sviluppo economico del territorio.
Oggetto del patto dovrebbe essere il governo del “Parco fluviale del torrente Caorame”, inteso come un’unità-totalità (non esprimibile con l’insieme delle parti che lo costituiscono), da esercitare in forma partecipata, nella condivisione dei suoi valori, delle sue criticità, delle risorse certe e potenziali, sotto il profilo urbano-antropico, paesistico, idrologico, ecologico, sociale e culturale.
Un contratto fra il torrente, le amministrazioni che governano il territorio e gli abitanti, dove sono indicate le azioni di gestione e di salvaguardia del patrimonio territoriale, quanto le azioni di progettazione e trasformazione in una risorsa eco-turistica.
In concreto pensiamo a progetti di sentieri naturalistici da percorrere a piedi e in bicicletta, ad altane di osservazione, a siti interpretativi dei sistemi ecologici ed antropici, a piazzole di imbarco e approdo per discese in kayak, alla pesca sportiva, a zone adibite a spiaggia fluviale, alla creazione di laboratori didattici e tutto con il coinvolgimento di guide naturalistiche, proprietari di bed and breakfastaffittacamereristoratori e imprese agricole.
In questo modo vorremmo si ragionasse su come sfruttare le grandi risorse di cui dispone il torrente Caorame.

domenica 18 agosto 2013

LEGGENDA DELLA CHIESA DI SAN EUSTACHIO

La leggenda narra che i laghetti di San Eustachio sarebbero nati per lo sprofondamento della chiesa stessa.
Una versione racconta di ben sette matrimoni celebrati assieme in una non ben determinata domenica.
Nell'ultimo matrimonio, si presentò sulla porta d'entrata l'ex spasimante della futura sposa. Entra con fracasso nella chiesa ed ammazza con due colpi entrambi i venturi coniugi. Come per maleficio la chiesa sprofonda nella melma, tutti coloro che vi si trovavano per castigo divino all'atto sacrilego e come per miracolo apparvero tre laghetti.
Una seconda versione invece narra sempre di sette matrimoni, ma tutti gli sposi all'improvviso, usciti di senno, forse a causa di un maleficio demoniaco, si mettono a bestemmiare Iddio.
Immediata la collera divina, che inabissa i blasfemi.
Noi oggi possiamo ammirare questi "candidi" laghetti.

giovedì 15 agosto 2013

CASTELLO DELLA SALGARDA

Sembra che nella localita Salgarda, dove oggi c'è il ponte sul torrente Caorame, che mette in collegamento il feltrino con la comunita di Cesiomaggiore, vi fosse un castello. Probabilmente a difesa di qualche antico tracciato (nelle vicinanze c'è anche il castello de' Lusa). Secondo lo storico Daniello Tomitano prorietaria del maniero era l'omonima famiglia Salgarda, antica e nobile appartenente alla città di Feltre.
Dice lo stesso: "e possesse una torre con giurisdizione di pedaggio in capo del ponte del fiume Cavrame verso mattina (quindi sulla riva sinistra orografica), et si nominava la Salgarda...discende secondo alcuni da longobardi. Altri vogliono che vengano da Padova e che fossero degli Transalgardi et che, levate le prime quattro lettere, ritenessero il salgardo". Probabilmente si trattava di una torre di controllo del ponte. Lo stemma è adottato da Salgardo che parteciperà alle crociate del 1096 a seguito del vescovo feltrino Giovanni da Vidor.

RAMO COL DEI BECCHI

Non vi è apporto d'acqua, almeno superficiale, per quanto riguarda tutta l'area occidentale del circolo di Cimonega. Cioè in tutta la scarpata ed i declivi che si sviluppano sotto il Sass de Mura, e la dorsale che scende verso sud-est.
Anche se sono numerose le tracce lasciate da letti ghiaiati, che scendono rapidi su ghiaioni o su salti di banche rocciose. Per lo più sono fossili. Oppure sono attivi soltanto in fase di disgelo o in particolari situazioni di forti precipitazioni, comunque casuali.
L'unico ramo che rileva presenza d'acqua durante l'anno, anche se solo in parte superficiale, è alla fine della dorsale, quando terminano le rocce ed inizia la parte finale prativa, detta del Col dei Becchi, lungo il tracciato 801. Poco oltre la montagna cadrà precipite verso la Val di Canzoi  (monte Sviert).
Il corso segue una direttrice SE-NW verso la sottostante casera Cimonega.

mercoledì 14 agosto 2013

NEI GORGHI DEL CAORAME

Leggendo nei libri di storia; o meglio nelle cronache del tempo è facile imbattersi in notizie che purtroppo sono tuttora attuali. Come ai giorni nostri anche in passato i torrenti causavano vittime per annegamento.
Così si legge ne "Il Tomitano"a. XVII n. 22, 18 novembre 1888.
"La ventenne B:C: di Cesiomaggiore camminava lietamente in compagnia di suo fratello e di altri di famiglia: Nel passare il ponte sul Caorame si avvicinò troppo al basso parapetto e perduto l'equilibrio precipitò nell'acqua impetuosa e abbondante. Si corse tosto in aiuto della infelice, ma non si giunse che a estrarne il cadavere di lei cinque miglia sotto il ponte"

RAMO PIAN DEL RE (tratto basso)

Dopo aver superato il sentiero 801, il corso si orienta verso levante.
Si getta tra le rocce, in una forra aperta, data l'inclinazione delle pareti.
Prosegue dati i salti in cascate e dove l'accumulo di massi provenienti dai piani superiori, scompare e ricompare fra essi.
I mughi fanno ancora da padroni in questa parte di scarpata.
Quindi arriva al piano basale di Casera Cimonega ed il proseguio è pressochè pianeggiante.
Forma un meandro dallo scorrere lento tra praterie alpine, dove vicino al suo defluire crescono radi abeti rossi. La presenza d'acqua qui resta perenne.
Va infine a congiungersi, proprio sotto la casera alle acque che arrivano dai circhi superiori del Pian della Regina. Le acque ora unite, diventano più cospicue e formano d'ora in avanti un unico corso, il quale andrà a svilupparsi un percorso completamente diverso.

martedì 13 agosto 2013

RAMO DEL PIAN DEL RE (Tratto di mezzo)

Le acque scese dal Sass de Mura una volta unitesi, percorrono il tratto del primo circo glaciale.
 Da qui superano con cascata una scarpata di circa 3/5 metri d'altezza per scorrere successivamente nel terrazzamento sottostante, che a differenza del superiore è molto più erboso.
 Il terreno nella parte alta è abbastanza regolare per poi scendendo diventare irregolare e scomposto. Il corso segue una via abbastanza definita.
 Numerose sono le risorgive qua e là. Frequente invece è la perdita d'acqua dovuta al terreno calcareo che le assorbe. Facile quindi vedere una risorgiva che dopo breve tratto scompaia.
Si assiste al solito gioco di cascatelle, scivoli, piccole forre, buioni.
Pressochè al centro della scarpata sotto un salto di roccia vi è la presenza di un antro da cui vi è una consistente risorgiva, da qui riparte il corso che in avanti si fa più definito.
 Converge qui anche il ramo che scende a ridosso del Col del Mul.
 Ora si incanala in canyon ben definito e con una bella cascata va a oltrepassare il sentiero che dal bivacco Feltre-Walter Bodo va verso il rifugio Boz, lungo il tratto finale dell'Alta Via n 2.
I declivi alla base della Parete Piatta sembrano non dare apporto se non in casi eccezionali. Come detto nel post precedente c'è una grande differenza di presenza d'acqua nelle due visite. Qui particolarmente lo si riscontra data la forte presenza di risorgive.
(La foto in alto mostra in alto la frana del Piz de Mez ed al centro l'antro su descritto).

lunedì 12 agosto 2013

RAMO PIAN DEL RE (Sass de Mura)

Nella parte occidentale del Cimonega insiste il circo glaciale denominato Pian del Re.
Qui si sviluppa un altro dei rami che portano alla formazione del torrente Caorame. 
L'anfiteatro è circondato ad ovest dal complesso roccioso del Sass de Mura con il prolungamento della Parete Piatta, in alto a settentrione dal Piz de Mez diviso dal precedente dalla Forcella Cimonega che mette in comunicazione con il Primiero ed a oriente con il Col del Mul, diramazione del Piz de Mez.
Il declivio è caratterizzato da una grande frana dovuta, per probabile antico cataclisma, alla disintegrazione della parte occidentale del monte Piz de Mez.
Per quanto riguarda il sistema di acque in questo luogo, arriva direttamente per sistema sorgentizio di faglia dalle pareti del Sass de Mura.
Due sono i corsi che scendono dalle rocce attraverso scivoli e cascatelle, a destra e sinistra della vetta secondaria denominata Punta del Re.
Per poi incontrarsi verso la fine delle rocce ed unirsi. Quindi scendere al centro del circo sottostante a lato di un pianoro leggermente rialzato in forma sinclinale roccioso.
Nella parte sinistra orografica si sviluppa una depressione erbosa da cui parte un piccolo corso.
Molto mutevole l'apporto meteorologico delle acque con notevole dispersione nel sottosuolo. Data l'eccezionalità delle nevi e piogge di questa annata (2013) nel corso della perlustrazione datata 7 luglio buona era la presenza, mentre nella giornata del 4 agosto rimaneva soltanto il corso, scarso comunque, a sinistra della Punta del Re. In questo lasso di tempo ci sono state in prevalenza giornate serene con gran caldo.
In questa area, dovuta anche alla minor frequentazione di escursionisti, si concentra soprattutto in estate, la presenza di camosci e mufloni.

sabato 3 agosto 2013

CHIESA DI SAN EUSTACHIO

A metà della Valle di Canzoi, sulla sinistra orografica, si trova un terreno prativo quasi pianeggiante, con dolci ondulazioni. Si chiama, nella vulgata popolare, San Stach.
E' conosciuto anche per la presenza di alcuni laghetti.
La chiesa non esiste più da tempo immemore, ma notizie storiche ne attestarono la presenza.
Le notizie ci arrivano ai nostri giorni, dai verbali del 1585 del vescovo di allora della diocesi di Feltre, Jacopo Rovellio. Nel suo "regno", il chierico percorse tutta la diocesi, per sincerarsi, uscito dal concilio di Trento, dello stato d'animo delle anime e prendere visione delle tante chiese che sorgevano nel territorio. Di questa farà scrivere al suo segretario, che non fu visitata perchè minacciava di cadere in rovina e che per raggiungerla il tragitto fosse faticoso e difficile e distante più di tre mila passi da Soranzen e differiva la visita a tempi più opportuni. Riportava inoltre.. che possiede la fabbriceria di San Eustachio alquanto prato circostante alla chiesa con stalla e casera dove Vittor Natale di Culogne tiene dieci pecore in società con detta fabbriceria che ne detiene la proprietà ed a essa dà la metà dell'utile godendo dell'usufrutto del predetto prato con il solo onere di provvedere all'illuminazione della chiesa...
Vi era presente la Società del Santissimo Sacramento, anche se la stessa da alcuni anni non si radunava più.
Nei pressi c'era un piccolo cimitero per gli abitanti della zona.
Sulla caduta in rovina della chiesa nasceranno delle leggende che si tramanderanno ai giorni nostri.

RAMO DEL PIZ DI SAGRON (tratto basso)

Oltrepassato il piccolo circolo sottostante il Col del Mul, il ruscellamento si getta lungo la scarpata, praticamente al centro di essa.
Nella prima parte si apre un percorso tra le rocce con brevi cascate suggestive. Va anche a sovrapporsi al sentiero che dalla Valle di Canzoi porta ai bivacchi. Molto suggestivo il tratto qui su roccia con cui si viene a contatto di una cascata. (tratto attrezzato per gli escursionisti). Poi segue in linea quasi diritta su lungo scivolo e termina su un sottostante catino. Ora la vegetazione (soprattutto mughete) si fa più presente. Ennesimo connubio di scivoli e cascate e tratto di sentiero. Da qui si immette in un piccolo canyon e si getta in un acrobatico salto. Da vita ad un ennesimo piccolo lago di stupenda bellezza visiva. Anche qui si ha l'occasione di passarvi accanto. Da qui sparisce in un successivo meandro roccioso e va a mischiarsi alle acque che scendono dal Pian della Regina per poi scorrere sul sottostante circo glaciale di casera Cimonega.

RAMO DEL PIZ DI SAGRON (Parte intermedia)

La ricognizione è stata effettuata il 7 luglio 2013.
Questa annata è stata molto piovosa e numerose sono state le precipitazioni nevose fino a tarda primavera e c'è ancora parecchia presenza di lingue ed accumuli di neve, tanto che non è possibile risalire oltre una certa quota per rilevare il luogo esatto della sorgente.
Descriviamo qui il tratto dalla base del versante orientale del Piz de Mez, che denominiamo "circo del Piz de Mez". Le prime acque derivano da neve di fusione e proseguono comunque da subito su un corso già ben strutturato formatosi su un terreno roccioso. La via scorre in alto sulla sinistra orografica della vallecola compiendo un arco.
Va quasi subito ad incanalarsi in un piccolo canyon di un'altezza relativa di circa due metri, poi va a seguire, a piedi delle rocce,  una probabile microfaglia. Quindi
scendere con delle piccole cascatelle e scivoli in direzione sud. Qui percorre sotto i declivi che si aprono tra il Col del Mul e lo stesso Piz de Mez e che in alto si aprono verso forcella Leone, lungo il sentiero che porta anche all'altro opposto, Pian del Re. Qualche salto di dislivello e le acque formano un piccolo boione da dove viene incanalata su gomma l'acqua che serve i sottostanti bivacchi Feltre-Walter Bodo. Scorre a lato della collina morenica che lo divide dal Pian della Regina e su meandro in pianoro ( circo del Col del Mul) si lancerà oltre la scarpata di Cimonega su terreno calcareo.

lunedì 8 luglio 2013

ATTIVITA' NEL 1700

Riporto delle annotazioni che riguardano le attività di opifici agli inizi del 1700 nella zona che insiste a valle di Soranzen, tratta dal libro: Cesiomaggiore (identità e storia di una comunità locale) a cura di Agostino Amantia.
 Nel 1709, allo sbocco della Val Canzoi che ha certo luoco stretto et angusto chiamato Fenestra che tagliato certo ponte di chiaveselle si potrebbe con pochi huomini deffendere.
 Vicino Francesco q. Zuanne Bonetti  aveva la siega con la sua rosta e gli edifici che convien, coperta a paglia  ed una casa con 'una camera sopra e fol appresso con due rotte coperto con scandole e coppi' e un orto. Con l'ausilio dell'acqua aveva l'energia per tagliare il legname  e lavorare i panni di lana.
 Nella località di Bordugo operava ' un molino con due rode a posto per un'altra in mal ordine con un solaro sopra coverto a coppi con una cusina coverta a coppi'.
 Alla Busa , Piero q. Zamaria d'Agostini aveva  un mulino di tre ruote con casa e stalla coperta di paglia e coppi ed una terra 'zappativa invidegada in loco de là del Caorame.
 Alla Busa, lavoravano le due ruote di un terzo mulino, di Zamaria Fornasier q. Piero confinante con la rosta comune ed il torrente. Anch'egli aveva 'appresso la casa coverta de paglia con cortivo e orto'

RAMO DI PIAN DELLA REGINA

La natura calcarea del piano assorbe quasi sempre le acque che vanno a scorrere all'interno delle rocce. Solo occasionalmente sono presenti, quando piove molto o in tempo di disgelo.
 Le acque fuoriescono verso un terzo della scarpata che insiste sulla piana di Casera Cimonega, circo sottostante.
Proseguono su un lungo scivolo prima di incontrarsi con il ramo che scende dal Piz di Sagron.
 Poi continua sulla sinistra orografica ,fino a congiungersi sotto la casera stessa con i liquidi che provengono dal pian del Re.
 E' forse questo corso che ha la maggiore portata d'acqua.
 La scarpata è un insieme di rocce e tratti terrosi colonizzati per la maggior parte da mughete. La bastionata insiste per circa 300 m. di dislivello.

sabato 6 luglio 2013

DOCUMENTO STORICO

Nel libro a cura di Eugenio Tonetti  dal titolo "Soranzen e la Val di Canzoi nella prima metà dell'ottocento" in cui sono raccolti documenti del catasto austriaco, nel paragrafo delle nozioni generali territoriali alla voce acque così si legge.
"Vi è un fiume denominato Caorame. Non è navigabile. Ha un corso rapido, porta grossi macigni, sassi e sabia. Scorre in alveo naturale, la maggior parte chiuso fra i monti. Serve all'andamento di tre edifici da molino e due fucine da fabro. Non somministra acque d'irrigazione.Cagiona il detto torrente danni per corrusioni ed inghiaiamenti per tutto il tratto, che ad intervalli scorre disalveato pegli adiacenti terreni. Apporta sovente inghiaiamenti ed insabiamenti. Non porta utili torbide. Non si fanno opere di difesa. Non vi sono consorzi. Non vi sono fontane per irrigazione. L'acqua del suddetto torrente serve per l'uso dell'uomo e del bestiame unitamente a varie fontane che scaturiscono dai monti, le quali sono salubri. Non vi sono palludi." Il documento è datato 14 novembre 1827.

PIAN DEL RE

Gemello al Pian della regina e diviso da questo dalla presenza del massiccio roccioso del Piz de Mez (m. 2429) e del suo avamposto detto Col del Mul, che ne fanno da spartiacque, è il circo glaciale del Pian del Re. Ad occidente è chiuso dall'imponente sistema roccioso del Sass de Mura (2550 m.9 che è anche la maggior elevazione delle Alpi Feltrine.
 Morfologicamente più aperto ed in declivio. A monte si origina dalla Forcella Cimonega, intaglio che separa i monti suddetti e che a settentrione mette in comunicazione con la Val Giasenozza. Ed è occupato da un bianco ghiaione formato dalla consunzione delle rocce calcaree del Piz de Mez
 Qui si raccolgono le acque che scendendo si aprono un piccolo canyon.
 Costituisce un luogo in cui è possibile ammirare varietà di flora alpina nell'eccezionalità di forme e colori. Attraverso questo luogo si può accedere alla banca est del Sass de Mura.

PIAN DELLA REGINA

Poco a meridione della sorgente, si trova la conca del Pian della Regina. E' un esempio di circo glaciale, tipico delle Alpi feltrine. Va a raccogliere soprattutto le acque piovane e nivali del Sasso Largo (m. 2283), il cui versante sud è costituito da cinque punte, la più alta, isolata, è caratterizzata da un dente biforcuto. Dopo un salto di roccia, degrada fra sfasciumi e ghiaioni alla sottostante conca. é un pianoro, di solito libero da acque, in quanto il terreno calcareo le assorbe per rilasciarle nella scarpata sottostante. Qui si trovano anche i bivacchi Feltre-Walter Bodo, della sezione del Cai di Feltre, e passa il tracciato dell'Alta via 2 delle dolomiti. Oltre alla Dolomia principale, qui vi sono affioramenti di Dolomia dello Sciliar. E' spettacolare nei mesi estivi quando il verde della prateria contrasta col grigio delle pareti e si riveste di stelle alpine.

FOCE

Dopo circa 20 km di percorso, per gran parte all'interno della Val di Canzoi, bagnando i territori dei comuni di Cesiomaggiore e Feltre, dove in parte funge anche da confine, va ad immettersi, quale affluente, nel fiume Piave poco a sud della centrale idroelettrica di Busche. La confluenza del torrente è a ridosso del Vincheto di Celarda, zona forestale protetta. Diventa così alimento d'acqua al Piave impoverito dagli innumerevoli sbarramenti. La zona ricade geograficamente nella frazione di Nemeggio, località Girole. La foto è stata scattata nell'estate del 2000.

venerdì 5 luglio 2013

SORGENTE

Nasce qui, ai piedi delle bancate rocciose del Piz di Sagron, nel gruppo del Cimonega.
Là dove si intersecano le pareti precipiti del Piz de Mez (2429 m.), quelle meridionali del Piz di Sagron (2485 m.) e del Vomere, si forma una conca in cui si convogliano le acque meteoriche che danno vita al corso del Caorame.
E' un ambiente prettamente rupestre.

PROLOGO


Ci sono nato sul Caorame. 
Gran parte della mia infanzia l'ho passata a stretto contatto con il suo corso.
Ora che appetiti pubblici e privati vorrebbero privarlo delle proprie acque mi sento il dovere di difenderlo come un amico violato.